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COMUNE
DI POZZALLO |
Valente Assenza - Biografia |
Figlio di Angela Spadaro e Giorgio
Assenza, quinto di otto fratelli tra cui Enzo, scultore,
Valente apparteneva ad una famiglia modicana legata da sempre alle
vacanze estive pozzallesi: fin dalla prima età cominciò a dipingere
guidato da suo padre fotografo, decoratore, pittore e scultore, da suo fratello Beppe
e, soprattutto, dal Canonico Orazio Spadaro, suo zio materno,
sacerdote-pittore con studio a Modica alta, molto noto per le infinte
testimonianze artistiche lasciate in Sicilia e altrove.
Per il giovanissimo Valente, ogni
giorno era un esercitarsi, progredire e raggiungere nuovi traguardi
partendo dall'osservazione della natura e dipingendo tutto ciò che
trovava interessante. La sua creatività è stata precoce: già da
fanciullo modellava in creta i personaggi del presepe, faceva schizzi di
animali, ritratti di familiari e un giorno modellò in sabbia, sulla
spiaggia di Pietre Nere, un asino morto con tale realismo che le persone
passando si tappavano il naso. Nell’estate del 1931, trovandosi con la sua famiglia in vacanza a Pozzallo, il giovanissimo Valente prende come modelli bagnanti e pescatori, bambini e donne con abiti neri e fazzoletti in testa, immortalandoli in scene piene di freschezza, come “Bambini con flauto”, “Pidocchi”, “Il Muto” e altre tele ancora. Alcune di queste opere giovanili nel 1995 sono state donate, dal loro autore, alla Biblioteca comunale di Pozzallo, come omaggio alla sua città natale.
Un importante "Crocifissione",
disegno a carboncino eseguito quando era ancora a Siracusa, e altri
studi di nudo realizzati all'Accademia insieme alle opere del fratello
Enzo segnarono il loro avvenire, lasciando, per la loro drammaticità espressiva, letteralmente
stupita Miss Kempy (miliardaria americana, mecenate e molto nota negli
ambienti artistici romani) che, parlandone a Lady Egerton, nobile
inglese e dama di compagnia della Regina Elena, diede il via alle
fortune romane dei due fratelli.
Quest’ultima, infatti, colpita dal
talento dei due giovani, permise loro di allestire nel suo Palazzo una mostra
personale, inaugurata dalla Regina Elena e visitata dalla
nobiltà romana. La stessa Regina acquistò tutte le loro opere per
la sua collezione privata, assegnando loro un luminoso “studio d’arte”
attrezzato di tutto punto nel centro di Roma ed una “borsa di studio”
biennale per la
frequenza dell’Accademia di Belle Arti. Questo periodo ricco di fruttuoso studio e lavoro fu bruscamente interrotto dalla chiamata alle armi che lo costrinse ventunenne a partire per l'Etiopia nell'estate del 1935. Seguirono due anni faticosi in cui i suoi sogni di giovane artista si infransero di fronte a una dura realtà di sofferenza, devastazione e morte. Portò con sé colori e pennelli e tra una marcia e l'altra riuscì anche qui, su pezze da piedi e stracci di tela fortuiti, a dipingere opere e ritratti di grande intensità. Tra i vari compagni che vide morire, l'arte lo fece sopravvivere riuscendo parzialmente a lenire il dolore e lo scoramento. Di quel periodo rimangono alcune opere ad olio (autoritratti, ritratti di amici commilitoni, quadri con scene di vita della realtà in Etiopia) e un prezioso diario con molti schizzi a penna e disegni. Sono pagine in cui descrive con lo sguardo disincantato le crudezze della guerra, gli usi e costumi della popolazione indigena con riferimenti storici di estremo interesse, ma al tempo stesso vi esprime tutta la ricchezza del suo mondo interiore fatto di ricordi, speranze e compartecipazione al destino di amici, compagni e persone del luogo incontrate.
Amico del regista Anton Giulio
Bragaglia, protetto dalla Contessa Tatiana Tolstoi e dalla scrittrice
Margherita Sarfatti, Valente annoverava fra i suoi amici e conoscenti il
musicista Gianluca Tocchi, il poeta Gino Severini, molti critici d’arte,
come Michele Biancale, ed il filosofo Adriano Tilgher. Erano noti anche
i suoi buoni rapporti con il poeta Trilussa, con l’attrice Emma
Grammatica e col Principe Antonio De Curtis, in arte Totò.
Le mostre divennero così una
presenza costante, accompagnate peraltro da successi sempre
gratificanti, da premi vari e dal favore del pubblico. La richiesta di
opere a carattere sacro continuava tuttavia con ritmo crescente: prove
di questa sua pittura si trovano in molte chiese della penisola e, per
problemi di spazio, non è possibile indicarle tutte. Fra le città più vicine a noi, Modica ebbe certamente la parte del leone: nel Santuario della Madonna delle Grazie ha affrescato soffitto e pareti ("Ester e Assueo", "Giuditta e Oloferne", "Giaele e Sisara", "Angelo" del 1965 - 66 e "Il miracolo di Santa Teresa del Bambin Gesù" e "Le anime purganti", quest'ultima copia di un quadro del 1700, eseguiti nel 1973 - 74), nella Chiesa di San Pietro troviamo il “Battesimo di Cristo” (1957), il “Martirio di San Pietro” e la “Pesca miracolosa”. Per la Chiesa dell'Istituto Crescione Lupis di Ragusa Valente eseguì la "SS. Trinità con Madonna e San Giovanni" (1959) e per il Pantheon di Siracusa il "S. Antonio" e "La Madonna della Pace" (1960 - 61). Queste ultime opere furono esposte anche ad una mostra personale di grande successo allestita a Siracusa presso "La Fontanina" di Angelo Maltese, famoso fotografo e suo amico.
Per la chiesa di Santa Venera di Avola (SR) dipinge "Il Battesimo quale sacramento" (1968) dove, da uno stile più classicheggiante che aveva caratterizzato fino ad ora le sue opere, passa ad una maggiore stilizzazione e modernità.
A Pozzallo è sua la grande “Apoteosi di San Giovanni Battista”, dipinta nel 1969 nella Chiesa omonima, affresco di grande ampiezza, i cui colori tenui e riposanti inducono quasi naturalmente al raccoglimento e alla preghiera.
Nel corso degli anni realizza anche pregevoli sculture, busti di personaggi famosi e soggetti vari, privilegiando comunque i temi religiosi così come aveva fatto con la pittura. Tra le sculture, significativi e quattro bassorilievi in bronzo commissionati nel 1985 per la tomba della famiglia La Ruffa a Polistena raffiguranti la Natività, il Battesimo, la Crocifissione e la Resurrezione.
Fonte: Luigi Rogasi, Pozzallesi del XX secolo, cento nomi da non dimenticare. Un particolare ringraziamento alle figlie Angela e Eliana per la preziosa collaborazione.
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